Una delle principali determinanti dell’attuale recessione, iniziata nella seconda metà del 2011, è secondo
l’Istat la caduta del reddito disponibile, che ha determinato una profonda contrazione dei consumi delle famiglie. Nel 2012, infatti, in presenza di una flessione del prodotto interno lordo reale del 2,4%, il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito del 4,8%. Si tratta di una caduta di intensità eccezionale e che giunge dopo un quadriennio caratterizzato da un continuo declino.
L’Istat registra per il primo trimestre dell’anno in corso una modesta ripresa delle vendite di prodotti alimentari che però non riesce a compensare il calo delle vendite tendenziale e congiunturale dei prodotti non alimentari.
Nelle loro sempre più limitate capacità di scelta, i consumatori sembrano tendere a ridare fiato ai consumi alimentari a danno di quelli non alimentari. In presenza di un sistematico calo del reddito disponibile, si preferisce quindi sacrificare abbigliamento e calzature; difatti l’Istat osserva che: “a marzo 2013 si registrano variazioni tendenziali negative in tutti i gruppi di prodotti. Le flessioni di maggiore entità riguardano i gruppi abbigliamento e pellicceria (-9,0%) e calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-8,8%); quelle più contenute riguardano i gruppi prodotti di profumeria, cura della persona (-1,4%) e dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni, telefonia (-2,1%)”.
La dinamica tendenziale del 2012 per il commercio al dettaglio
Il confronto tra la provincia di Ancona con le altre province della regione e con una provincia tra le più note per l’attività turistica (Rimini) e la sua regione (Emilia Romagna) mostra come nel commercio al dettaglio il tasso di natalità della provincia di Ancona sia sempre il più basso rispetto alle province considerate e il tasso di mortalità sempre il più alto (tabella).
La congiuntura più recente del commercio al dettaglio: le nuove imprese e le cessazioni nel I trimestre 2013
Sono 76 le nuove imprese che si sono registrate nel corso del I trimestre 2013 tra le attività del commercio al dettaglio della provincia. Ma 187 sono state le cessazioni, con un saldo negativo, dunque, di 111 imprese in meno, senza contare le cancellazioni d’ufficio.
Tra le attività con il maggior numero di cessazioni vi sono i negozi di abbigliamento (-23 unità), gli ipermercati (-17 unità), le pompe di benzina (-9), le macellerie (-6).
La congiuntura recente per i pubblici esercizi
Nel I trimestre 2013 sono 40 le nuove imprese nel settore dei servizi di alloggio e ristorazione, dove le opportunità per nuove iniziative imprenditoriali non sono mancate. Ma anche qui la crisi ha costretto un numero maggiore di imprese ad uscire dal mercato (57 unità) specie tra ristoranti e bar.
In particolare, nel corso dei primi tre mesi 2013 le nuove imprese sono poche per il settore alloggio (2 unità) e riguardano solo imprese di servizi per alloggi diversi dagli alberghi. Per alberghi e strutture simili, la crisi non solo non consente l’ingresso di nuove imprese ma provoca, invece, l’uscita dal mercato di 3 unità.
Ben diversamente è risultata nel primo trimestre 2013 la dinamica delle nuove imprese e delle cessazioni per il settore della ristorazione: a fronte di 38 nuove imprese (le nuove opportunità nel settore, evidentemente, non mancano) si contano però 51 cessazioni, fatto che indica come le iniziative imprenditoriali del settore soffrono troppo spesso di condizioni di precarietà. In particolare, si contano 22 nuove imprese nella ristorazione della provincia e 16 nuove imprese per l’attività di bar e altri esercizi simili senza cucina. Le cessazioni si concentrano nella ristorazione (30 uscite) e nei bar (21 uscite).