di Massimiliano Santini*
Perdiamo pezzi. Analizzando dati Movimprese, nelle Marche tra il 2009 e il mese di settembre 2014, le imprese artigiane in attività sono passate da 51.712 a 48.125, con un calo di 3.587 aziende e la scomparsa di oltre 10 mila posti di lavoro. Un bilancio pesantissimo, pari al 62% delle 5.792 imprese perse dal sistema produttivo marchigiano negli ultimi cinque anni e nove mesi.
Negli anni della crisi il prezzo più salato è stato pagato dalle imprese artigiane delle costruzioni, che hanno lasciato per strada 1.869 aziende. Pesante anche il conto per i distretti del manifatturiero, con 1.507 imprese in meno. In particolare la meccanica ha perso 612 aziende, il mobile 379, il calzaturiero 384 e l’abbigliamento 146. Inoltre l’autotrasporto ha perso 508 imprese e il commercio 154. Sono invece aumentate le attività artigiane di alloggio e ristorazione (+149) e quelle dei servizi (+271).
Un vero e proprio bollettino di guerra. La crisi dell’artigianato è la crisi dell’intero sistema economico e sociale marchigiano. Infatti le Marche anche nel 2014 si confermano, malgrado tutto, come la regione più artigiana d’Italia, con il 31,2% di imprese attive sul totale e con una percentuale di valore aggiunto prodotto del 17,9% mentre quasi il 30% degli occupati lavora nel settore.
Ora, se non si interviene con politiche industriali e creditizie veramente incisive, si rischia di assistere ad un progressivo collasso di una parte del comparto produttivo. E senza imprese non ci sono né lavoro né economia. Servono: una politica di sviluppo, minore peso fiscale, credito dalle banche, meno burocrazia, più investimenti nell’innovazione e un ottimale utilizzo delle risorse messe a disposizione dall’Unione Europea tra il 2014 e il 2020 con i nuovi Fondi comunitari.
Ci stiamo giocando il futuro.
*Direttore CNA Provincia Ancona