A fine dicembre 2012 l’11,26% delle imprese italiane presentava un’alta rischiosità di generare insoluti commerciali nei confronti dei propri fornitori nei 12 mesi successivi, mentre un altro 45,89% si caratterizzava per una rischiosità media. Solo nel 6,08% dei casi si osservava una rischiosità bassa (nel 2008 invece era quasi al 10% la percentuale di imprese totalmente affidabili) e, per il restante 36,77% del totale, medio-bassa. E’ quanto emerge dall’Osservatorio sulla rischiosità commerciale realizzato da Cribis D&B, società del Gruppo Crif specializzata nelle business information, che analizza il grado di affidabilità delle imprese italiane e la loro capacità di fronteggiare gli impegni presi nei confronti dei propri fornitori, con la conseguente probabilità di generare insoluti commerciali nei 12 mesi successivi.
L’analisi mette in evidenza come, a cinque anni dall’inizio della crisi, le difficoltà delle imprese italiane non siano assolutamente superate. Al contrario, molte imprese che a fatica erano riuscite a non soccombere durante questa dura fase congiunturale, spesso anche facendo ricorso all’impiego diretto di capitali propri, stanno accentuando i segnali di repentino cedimento con evidenti ripercussioni anche sui propri partner commerciali. Questo fa sì che molti fornitori si trovino, quasi inaspettatamente, a dover gestire insolvenze da parte anche di clienti storici, che si erano sempre dimostrati solidi e buoni pagatori.
Lazio, Calabria e Campania si confermano, anche a fine dicembre 2012, le regioni con la quota maggiore di imprese con alta rischiosità (tutte oltre il 17%). La classifica delle regioni meno rischiose vede invece al primo posto il Trentino Alto Adige (solo il 5,47% di imprese ad alta rischiosità), seguito da Valle D’Aosta (5,60%) e Veneto (6,77%).