Cresce l'imprenditoria femminile

Tra aprile e ottobre 2014 le imprese marchigiane guidate da donne sono passate da 39.434 a 39.796, con una crescita di 362 unità. Ad aumentare sono state soprattutto le imprese femminili under 35, che in sei mesi hanno registrato un +226, salendo da 4.366 a 4.592. Secondo il rapporto dei Centri Studi Cna e Confartigianato su dati Istat, ad essere guidate da donne, nelle Marche, sono soprattutto le imprese del commercio (9.761), seguite da quelle agricole (8.666), da quelle manifatturiere (4.827), dai servizi (3.874) e da alberghi e ristoranti (3.470).
Donne e imprese CNA«Le imprese femminili stanno dimostrando durante questa interminabile crisi di resistere meglio di quelle maschili – affermano il presidente Cna Marche Gino Sabatini e il presidente Confartigianato Marche Salvatore Fortuna -. A confermarlo anche i dati del Censis, secondo cui l’incidenza delle donne nella nostra economia è passata dal 29,8% del 2009 al 30,1% del 2013, soprattutto grazie alla crescita delle donne imprenditrici nel settore dei servizi, che ha assorbito il 76% delle nuove attività. Sostenere l’impresa e il lavoro femminile sono le strade per uscire dalla crisi. Lo conferma una proiezione dell’Ocse. Secondo lo studio se entro il 2030 la partecipazione femminile al lavoro nel nostro Paese raggiungesse i livelli maschili, il Pil salirebbe di un punto percentuale all’anno».
«Ormai le donne sono presenti in tutti i comparti della produzione compresi i settori dell’edilizia e dei trasporti. E lo sono anche con ditte strutturate e con dipendenti. La provincia di Ancona è quella con la presenza maggiore rispetto alle altre – spiega la segretaria della Cna Jesi e Vallesina Elisabetta Grilli, anche responsabile provinciale del Comitato Impresa Donna Cna -. In base al rapporto e alla mia esperienza sul campo posso dire che le imprese femminili si sono comportate meglio di quelle guidate dagli uomini nell’affrontare questo periodo di crisi. Alla base credo ci sia una forte motivazione personale nella professione scelta, che va oltre l’aspetto economico più spesso ricercato dagli uomini. Per questo stringono i denti nelle difficoltà e vanno avanti, magari a discapito anche del tempo dedicato alla famiglia».
A livello nazionale, dopo la perdita di occupazione tra il 2009 e il 2013 e quella nel primo trimestre dell’anno scorso, la partecipazione femminile al lavoro tra aprile e ottobre 2014 è aumentata del 5,4%. Le donne lavoratrici sono passate da 268.680 a 283.081, con una crescita di 14.401 unità. Secondo l’indagine sono stati soprattutto i servizi ad accogliere la manodopera femminile, con 11.600 nuove occupate. In forte crescita anche il commercio, gli alberghi e i ristoranti, che hanno assunto 8.745 nuove dipendenti, e l’edilizia +1.175. L’occupazione femminile invece diminuisce nell’industria con -5.686 unità e  in agricoltura con -1.433 unità.
Una chiave di ingresso delle donne nel mercato del lavoro, secondo le associazioni artigiane, è l’attività autonoma. «Ecco perché occorre rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono alle donne di lavorare e fare impresa, potenziando il welfare e facilitando la conciliazione tra lavoro e famiglia. Uno dei punti dolenti del lavoro femminile – secondo Confartigianato e Cna che citano  dati della Banca d’Italia – è il differenziale tra remunerazione maschile e femminile, pari al 6%. Una differenza che aumenta anche in base all’incarico lavorativo. Ma non basta. La ripartizione dei carichi domestici e di cura è ancora molto sbilanciata a sfavore delle donne».
Secondo l’Istat le donne svolgono oltre il 70% del lavoro familiare (la quota era del 78% nel 2002 e del dell’85% nel 1989).

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